A volte le parole non servono. In alcuni casi basta la musica. Sembrerebbe essere questo il motto dei Captain Quentin, una band vista e rigorosamente strumentale. Il viaggio tra i gruppi calabresi continua, scendendo sempre più a sud; arrivati a Taurianova, nella piana di Gioia Tauro, tocca fermarsi. Lì nascono i Captain Quentin, creatura sonora e polimorfa, che prende il proprio nome intrecciando il mito americano Captain Beefheart con Quentin Compson, personaggio de "L'urlo e il furore" creato dal premio Nobel William Faulkner.

 

Ma il concetto di fusione dei 5 musicisti non si risolve in una questione puramente verbale, ma si solidifica tra note bizzarre e sbilenche, sussurrate e gridate, fra temi che mutano improvvisamente e idee che prendono armonie prolungate, salvo essere poi pronte a trasformarsi in altro ancora all'incedere del rullante. 

Psicehedelia e progressive diventano strati liquidi che si mischiano a quella new wave tanto cara all'Inghilterra del 78, alla Factory di Manchester come alle chitarre dei Cure più malinconici, per ricompattarsi procedendo in suite tutt'altro che misurabili.

Classificarli è difficile.

Lo sanno bene, del resto, i Captain Quentin che, giocando sulle proprie attitudini, hanno intitolato il loro primo album "Certe cose determinate". Un disco vario quanto monotono, composto da otto tracce che definire canzoni potrebbe sembrare eccessivo, ma che non lasciano a bocca asciutta chi cercasse all'interno dei brani la melodia di un cantante, pur non spendendo una sola parola.

Svelti, narrativi e con un andamentocinematografico, i 5 musicisti calabri raccolgono consensi già con la prima uscita. Suscitano l'interesse di pubblico e critica, entrano nelle programmazioni di piccole radio d'oltralpe, e si aggiudicano un primato: quello di aver lasciato la giuria di Arezzo Wave in Calabria indecisa sul verdetto, conquistanto un primo posto diviso ex equo con i catanzaresi 4 Gradi Brix, nel 2007. 

Sono stati due anni intensi per la band, formatasi solo nel 2005 e già rinomata risorsa della Calabria rock più solida. Sembrano 5 solisti, ognuno per la sua strada su un palco che li ha fatti incontrare all'apparenza per un appuntamento sporadico, poi grazie ai frequenti stop&go, pause espressive di silenzio nel bel mezzo dei brani, le note si raccordano con impeto, trovando un sincrono, e la cricca del capitano Q. ritrova la furia sinergica di cui è capace, salvo poi slegarsi nuovamente in itinerari armonici individuali e meditabondi.

L'intervallo è la loro forza. Così ogni stop diventa un altro start e la ciurma naviga nei propri intrecci fluttuanti. La tecnica tende ad affinarsi, ma la terra ferma della staticità e dell'oggettività non sembrano essere la meta di un viaggio che dalla piana li ha condotti a misurarsi con un mondo in salita.

"Componiamo pezzi strumentali perchè nessuno di noi è in grado di cantare" affermano durante un concerto "Ma se dovessimo scrivere delle canzoni preferiremmo intonarle in italiano". Ma è il silenzio per i Captain Quentin ciò che rappresenta l'accordo cardine, lo stop&go su cui meditare la prossima mossa suonata all'unisono, con l'urlo e il furore dei propri miti e di tutti i sogni che vi intercorrono. Catturare con una strofa ciò che c'è dentro forse p un limite. Spesso basta l'intreccio di armonie a suggerire la strada. A volte le parole non servono.

Stefano Cuzzocrea