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BLOWUP #328

Hanno impiegato una ventina d’anni, ma alla fine i Captain Quentin hanno derogato al principio del “soltanto musica strumentale” per aggiungere alle loro alchimie – termine usato non a caso – la voce. Cioè, le voci, perché invece di cimentarsi anche con il microfono, i “ragazzi” calabresi hanno affidato quattro brani su otto ad altrettanti ospiti, due per cantare (Dario Brunori e Amaury Cambuzat) e due per declamare (Max Collini e Francesco Villari).

L’indie rock “storto” e imprevedibile della band, costruito su chitarre, basso, batteria e sintetizzatore, ha così acquistato nuovi motivi di interesse, senza tuttavia diventare qualcosa di sostanzialmente diverso da quel che è stato in occasione dei tre lavori precedenti.

Mancavano addirittura dal 2017 ed è un piacere averli adesso ritrovati, sia per offrire sonorità stimolanti, sia per far ricordare (con rabbia) di quando il termine “indie” veniva automaticamente associato a musiche sfuggenti, avventurose, spesso sorprendenti, belle.

[7.6] Federico Guglielmi